La redazione di AssoTutela è lieta di intervistare la scrittrice Federica Nobile.
Diplomata al Liceo Classico e laureata in Comunicazione Interculturale, ha sempre amato scrivere. Da adolescente trascorreva tutto il tempo a disegnare personaggi di storie fantastiche sui libri di testo; da giovane adulta quelle storie ha cominciato a scriverle.
Le piacerebbe fare un viaggio nel tempo per rivivere gli anni ’70-‘80, ama la musica rock, il nuoto, lo snorkeling, leggere e recensire (tanti) libri.
Buongiorno Federica, ci parli della sua storia. Quando ha iniziato a scrivere?
“Ho iniziato a cinque anni. Mia nonna, con pazienza, mi ha insegnato a scrivere prima ancora che cominciassi le elementari. A mano scrivo ancora in illeggibile geroglifico, sia chiaro, ma di sicuro scrivo tanto e con ispirazione da allora.
Tra i sei e i sette anni ho scritto la prima saga, intitolata “I ribelli d’Irlanda”, su dei foglietti ripiegati per farne dei libricini. A dieci anni arriva “Il paese delle aquile”, il primo fantasy. A undici mi do alla prima sceneggiatura teatrale, “Alla corte dell’imperatore”. Mia mamma conserva ancora tutti questi primi sforzi nel cassetto del comodino.”
Cosa rappresenta per lei la scrittura?
“Per me la scrittura rappresenta tante cose: il lavoro – il mio lavoro concerne al 90% la scrittura, o come si dice in agenzia pubblicitaria, “copywriting”; una passione, la più grande – trascorro anche ogni momento libero a scrivere o a progettare storie; una valvola di sfogo – funziona meglio della palestra per me. Mi rilasso, mi isolo da tutto, lascio che la fantasia fluisca e che le mani percorrano frenetiche la tastiera.”
Com’è nata l’idea di questo libro?
“Questo libro nasce come sceneggiatura cinematografica.
Avevo carta bianca, era per un progetto molto personale, condiviso con una produzione di amici.
Volevamo girare un film che fosse di genere horror, e ho trovato il mio mostro leggendo un articolo sulla sparizione dei bambini ad Hamelin, in Germania, nel 1284. Proprio quelli della fiaba dei Grimm, “Il Pifferaio Magico”. Solo che a quanto pare non si tratta solo di folklore, c’è del vero, la città se lo ricorda. Fu un trauma apprendere una notizia del genere. Dovevo esorcizzarla, insieme al Covid, alla Guerra in Ucraina, alle tante cose inaccettabili del contemporaneo e l’ho fatto scrivendo. L’ho fatto inventando Kilian, il protagonista maschile della storia, un Evocatore discendente da un mitico eroe germanico e protettore del suo popolo, Frehild.
Qual è la trama?
“Siamo nel 1978, e chi di voi l’ha vissuto e se lo ricorda saprà che non fu solo l’anno dei punk, ma ci furono molti stravolgimenti. In Germania ci fu la Schneekatastrophe, anche detta “Caos Bianco”: nevicò per giorni e giorni a partire dalla fine del ‘78 e nel maggio del ’79 c’erano ancora cittadine e paesaggi innevati. Non fu una cartolina: fu una tragedia, bloccò tutto il paese.
Il romanzo, dunque, cerca di spiegare la connessione tra fatti inspiegabili, straordinari come questo. E li ricondurrebbe a una società millenaria parallela alla nostra, che ho chiamato semplicemente Mágoi, termine greco che indica persone portentose dotate del cosiddetto “Potenziale”, che dall’alba dei loro tempi tentano di proteggere l’umanità e di salvarla. Perché l’uomo è il peggior nemico di se stesso, anche quando ci si mettono i cataclismi naturali.”
Cosa vuole trasmettere al lettore?
“Un messaggio universale, lo stesso che si ritrova in ogni popolo – prendo a esempio quello Giapponese che ha costellato la città di Hiroshima di statue in onore di Sadako, piccola vittima delle radiazioni della bomba che ha distrutto la città, e che incorporano il messaggio “basta guerre”. Vediamo che anche un popolo geograficamente e percettivamente lontano prova un desiderio di pace immenso, dimostrando che la fine dei conflitti è un (bi)sogno di tutti.
Nel romanzo ho creato una struttura a scacchiera a tre fazioni, sono tutti nemici di tutti, ma il disagio è vissuto da dentro. Se non scendiamo a patto con i nostri demoni interiori e portiamo la pace in noi stessi, vivremo altre situazioni di guerra.
La pace nel mondo dev’essere l’obiettivo a cui puntare collettivamente, umanitariamente.”
Perché questo titolo “Evocazione”?
“Evocazione vuole essere – sembra un gioco di parole – evocativo e provocatorio.
Il romanzo ha due protagonisti, e solo uno dei due è nominalmente un Evocatore, uno sciamano in grado di evocare un’effigie di protezione. Ammicca al fatto che ciò che siamo in grado di generare noi uomini – che non siamo divini ed è bene ricordarlo – proviene da noi. Siamo noi stessi a dare vita ai nostri mostri, quello che facciamo fuoriuscire ci appartiene, e se non impariamo a convivere con questi antichi incubi, ci sfuggiranno, detoneranno.”
Si riconosce in quale personaggio del libro?
“In nessuno, a dire il vero.
Il romanzo è volutamente allegorico, ambientato nel passato ma su questa Terra e, per renderlo inclusivo, ho affibbiato nazionalità tutte diverse tra loro a tutti i protagonisti. Volevo sondare dentro l’animo di tutti per capire qualcosa dell’umanità in generale. Di sicuro ho una simpatia spasmodica per alcuni, come Silibrand e Stefan, che sono degli outsider pieni di talento. Brilleranno, lo prometto.”
Ci sono riferimenti al dark fantasy. Da dove nascono queste suggestioni?
“Il dark fantasy è spesso associato ai vampiri o ai demoni. Io non ho nella storia né vampiri né demoni, ho gli esseri umani che fanno già abbastanza paura di per sé, e i Coboldi. Kobalt o Kobold è un termine tedesco per indicare un tipo folletto… e non uno di quelli buoni! Lo sa bene Neil Gaiman che ne ha inserito uno davvero tremendo nel suo bestseller American Gods: a distanza di dieci anni dalla lettura di questo splendido romanzo tale personaggio mi dà ancora i brividi!
I Mágoi chiamano così i “demoni da paralisi nel sonno” (Sleep Paralysis Demons) che sono delle allucinazioni che possono insorgere nel sonno soprattutto in periodi di forte stress.
Alcune persone che le sperimentano hanno la sensazione di soffocare, altre hanno l’impressione che qualcosa le stia osservando, toccando o minacciando.
Ecco, i Mágoi convivono con questi incubi dall’alba dei tempi. E non sono neanche troppo bravi a gestirli, ma dopotutto non sono dei “Fido” o dei “Fuffi”.
A chi dedica questo libro?
“Lo dedico ai miei compagni di università, compagni di viaggio, allora come oggi, in questo percorso. Mi hanno aiutata a diventare chi ho sempre voluto e, forse, chi sono da sempre: una creativa, una scrittrice del fantastico.
Ma lo dedico anche a tutti i lettori che credono o crederanno in questo progetto. Il romanzo è disponibile presso il sito della casa editrice portoseguroeditore.com, e si possono ottenere le ultime copie con dedica personalizzata cercandomi su Instagram, sono @federicanobile.
C’è anche la playlist a tutto rock su Spotify: cercando “Evocazione, il romanzo” si accede a ore di musica epica ed energica che spero possa ispirare altri scrittori.”