Nicola Di Santo, accusato di furto a Bali, ha coinvolto, invano, la nostra ambasciata

“Un’altra storia incredibile. Un uomo, un italiano è in carcere a Bali da più di sette mesi. Qui sarebbe picchiato e torturato per un reato che giura di non aver mai commesso ma la vicenda è circondata dal più inspiegabile silenzio e nessuno muove un dito”. Lo dichiara il presidente di AssoTutela Michel Maritato che spiega: “Il cuoco Nicola Di Santo, coinvolto in una oscura vicenda che vede in un collega italiano il suo accusatore, rischia fino alla pena di morte. Si tratterebbe del furto di criptovalute, un reato che, qualora fosse appurato, nel nostro Paese avrebbe diversa considerazione. Per questo si deve assolutamente intervenire – insiste il presidente – affinché il nostro connazionale venga immediatamente trasferito in Italia dove potrà affrontare un giusto processo. La nostra associazione, che si batte da sempre affinché vengano garantiti i diritti civili è pronta a intervenire e a schierarsi a favore di un uomo che chiede solo di dimostrare la propria innocenza, in un ambito in cui sia garantito il rispetto dei diritti e di una valutazione serena, con i crismi del diritto. Di Santo in carcere racconta, e documenta, di essere stato massacrato di botte dalla polizia – attacca ancora Maritato – che gli avrebbe spento sigarette sul corpo, con la pistola puntata alla tempia per costringerlo a confessare. Tali particolari li avrebbe spiegati anche ai nostri diplomatici, in un recente accesso dei nostri rappresentati nella sua prigione. A questo punto ci chiediamo, cosa fanno Farnesina e governo? Sono troppi i casi analoghi, per questo occorre una posizione univoca ed efficace”, chiosa Maritato.

 

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